Pensa romana storia: la pinsa romana è un piatto antichissimo, le cui origini sono da ricercare nella storia dell’antica Roma. A differenza di quanto la maggior parte delle persone è portata a pensare, esiste una differenza sostanziale tra pinsa e pinza. Andremo di seguito a scoprire quali sono, mentre in prima battuta ci concentreremo sulla storia di questo prelibato e antico piatto.
Pinsa romana: curiosità e ingredienti
Il primo argomento da trattare, visto che è in tutti i sensi sulla bocca di chiunque, riguarda la differenza tra pinsa e pizza. Seppur le similitudini possono sembrare numerose, in realtà le differenze sono sostanziali. Forma, consistenza e impasto della pinsa sono unici e poco hanno a che vedere con le caratteristiche della più famosa pizza.
I due piatti sono diversi, perché anzitutto si utilizzano farine ben distinte. Nella pinsa si usano più farine sapientemente miscelate tra di loro: riso, soia e frumento sono i cereali alla base della ricetta. Abbiamo inoltre una percentuale di acqua piuttosto elevata, arrivando a un grado di idratazione dell’80%.
Nella pinsa romana inoltre si fa un uso piuttosto ridotto di lievito madre, rispetto a quanto avviene con la classica pizza napoletana. Qui si utilizza solo farina di grano tenero, tipo 0 oppure 00. Ne consegue che i due prodotti avranno consistenze decisamente diverse.
La pinsa romana si distingue per l’eccezionale friabilità dei bordi, mentre al centro è molto soffice. Lievitazione lunga, alto contenuto d’acqua e un uso limitato del lievito rendono inoltre la pensa un piatto facilmente digeribile.
La pinsa romana dalle origini ai giorni nostri
Copem si intuisce dal nome, il piatto affonda le sue radici nella storia della Roma antica. La pinsa è come da tradizione, piatto povero e quindi consumato in gran parte dalle famiglie contadine dell’Urbe. Sembra che l’arte d recuperare farine difficilmente vendibili nei mercati della città, abbia dato origine all’impasto della pinsa come la conosciamo oggi.
I contadini romani erano soliti consumare quella focaccia leggera, ma allo stesso tempo nutriente e gustosa, per trarre il sostentamento quotidiano. La forma tipica della pinsa, che è arrivata ai nostri giorni allungata e schiacciata come lo era in origine, dà il nome al piatto stesso.
In latino, il verbo pinsere significa proprio schiacciare. Pinsa quindi dovrebbe significare letteralmente schiacciata, almeno stando alle più accreditate fonti sull’argomento. In effetti la forma della pinsa e il movimento dei panificatori, che schiacciavano e allungavano l’impasto per lungo tempo, sembrano essere coerenti con l’etimologia del termine.
Il nome tuttavia non è il solo elemento ad essere arrivato ai nostri tempi praticamente invariato. Il prodotto stesso, sembra sia quasi identico a quello narrato da Virgilio nella sua Eneide. Una volta giunto a Roma, Enea si sarebbe ristorato dopo il lungo e avventuroso viaggio proprio con una focaccia dalle grandi dimensioni e dalla forma allungata.
Le moderne tecniche di panificazione hanno portato piccole modifiche alla pinsa originale, il cui impasto oggi può prevedere l’uso di farina di Kamut. Se la pinsa in origine era costituita dalla semplice focaccia, oggi è possibile condire il piatto con gli ingredienti più disparati. Nascono così varianti di ogni tipo, purché si conservino le eccezionali doti di friabilità e croccantezza dell’impasto.